Audacia e fierezza in combattimento: il cinghiale

Il cinghiale (Sus scrofa Linnaeus, 1758) è un mammifero artiodattilo della famiglia dei suidi, considerato un’ambìta preda per la sua carne, ma contemporaneamente un fiero avversario per la sua fermezza in combattimento. Per questo strettissimo legame con l’uomo, il cinghiale ricoprì spesso ruoli da protagonista nella mitologia di numerose popolazioni, cessando, recentemente, di essere una fonte di cibo di primaria importanza per l’uomo, soppiantato dal suo discendente domestico, il maiale.

Gli esemplari adulti misurano fino a 180 cm di lunghezza, per un’altezza al garrese che può sfiorare il metro e un peso massimo di un quintale circa (de la Fuente, 1983). Sussistono tuttavia grandi variazioni di dimensioni e peso a seconda delle sottospecie, con tendenza all’aumento muovendosi da Sud-Ovest a Nord-Est: gli esemplari spagnoli di cinghiale, infatti, raramente superano gli 80 kg di peso, mentre in Russia si ha notizia di esemplari di peso superiore ai 300 kg. Ad ogni modo, i maschi hanno dimensioni e peso maggiori rispetto alle femmine.
Nelle Alpi italiane il peso oscilla tra i 100 ed i 200 kg: nel Centro e Sud Italia e in Sardegna, invece, il peso medio è sugli 80÷90 kg, con esemplari che possono raggiungere 150 kg, come il cinghiale sardo.

Sus scrofa Linnaeus, 1758 (foto di 4028mdk09, wikipedia)

Sus scrofa Linnaeus, 1758 (foto di 4028mdk09, wikipedia).

La caratteristica del cinghiale sono i canini, trasformati in zanne: si tratta di denti a crescita continua, presenti in ambedue i sessi, ma che tuttavia solo nel maschio hanno dimensioni tali da protrudere al di fuori della bocca, inarcandosi verso l’alto. I canini inferiori sono detti difese e sono più grandi di quelli superiori, denominati coti: profondamente conficcati nella mandibola, essi possono raggiungere (nel cinghiale maschio) anche i 30 cm di lunghezza, mentre sono consuete lunghezze comprese fra i 15 e i 20 cm. In ogni caso, zanne eccessivamente lunghe risultano svantaggiose per l’animale, in quanto incurvandosi all’indietro divengono inutili come arma d’offesa. Le zanne cominciano a spuntare a partire dal secondo anno d’età, e, nel giro di un anno, quelle inferiori divengono più lunghe di quelle superiori. Le zanne hanno per il cinghiale una duplice funzione: vengono utilizzate sia come strumenti da lavoro, ad esempio per facilitare l’attività di scavo nel terreno, che come strumenti di offesa, per difendersi dai predatori o per competere con gli altri esemplari durante il periodo degli accoppiamenti.

Il cinghiale euroasiatico è uno dei mammiferi terrestri con la maggior distribuzione geografica. Il suo areale originale si estende dalla Spagna al Giappone, e include anche il Nord-Africa. Attualmente, in seguito a introduzioni operate in passato spesso a scopi venatori, questa specie si ritrova in tutti i continenti tranne l’Antartide. Alla stessa specie del cinghiale appartiene il maiale domestico, di cui è il progenitore selvatico e con il quale si può ibridare producendo prole fertile. L’interesse per il cinghiale non è soltanto inerente alla conservazione o di tipo venatorio, ma anche economico. Il patrimonio genetico di questa specie si può infatti considerare come un serbatoio di variabilità genetica disponibile anche per le forme domestiche.
Contrariamente ad altri ungulati, il cinghiale ha un elevato potenziale riproduttivo, e si adatta anche a condizioni ecologiche molto differenziate. Ciò nonostante, la caccia indiscriminata e i cambiamenti del territorio indotti dall’uomo negli ultimi secoli avevano provocato la sua estinzione in molte regioni europee, come ad esempio l’Inghilterra, la Scandinavia, e molte aree della Russia Occidentale. Anche in Italia la numerosità e la distribuzione del cinghiale hanno subìto una grande riduzione in passato. Una volta presente in tutta la penisola, all’inizio del ventesimo secolo le uniche aree dove era ancora esistente erano la Sardegna e, in maniera molto discontinua e irregolare, in Centro-Italia. Benché nel cinghiale come in quasi tutte le specie il riconoscimento di sottospecie sia molto difficile, in Sardegna e in Centro-Italia furono identificate due sottospecie endemiche: rispettivamente Sus scrofa meridionalis e Sus scrofa majori. Successivamente, ma soprattutto a partire dagli anni ’50, in Italia come nel resto d’Europa si assistette a una significativa ripresa demografica. Le cause di questo fenomeno, che adesso è divenuto un vero problema per i danni arrecati dalla specie alle colture e per il disturbo ecologico che sta provocando, sono state molte. Oltre a una naturale ricolonizzazione da aree adiacenti, ad esempio dalla Francia, hanno, con ogni probabilità, contribuito il cambiamento climatico, la modificazione delle pratiche agricole, la collocazione di siti artificiali di foraggiamento e la riduzione del numero di predatori. Secondo molti studiosi, però, un contributo determinante alla espansione demografica del cinghiale in Italia è stato dato dalle reintroduzioni. Infatti, in molte aree, animali di origine autoctona ma anche alloctona, provenienti soprattutto dal’Europa centro-orientale (Ungheria, Polonia, ecc.) furono utilizzati per pratiche di ripopolamento. Da un punto di vista della conservazione della specie, quindi, è necessario capire se in Italia esistano ancora delle popolazioni relitte di cinghiale, riconducibili cioè a gruppi (o sottospecie) distinte dagli altri animali presenti in Europa. Oppure se tali popolazioni, presenti in passato, siano ormai scomparse, geneticamente diluite durante l’ibridazione subìta dai loro antenati con animali alloctoni (Frankham et al., 2006).

I cinghiali sono animali dalle abitudini crepuscolari e notturne: durante il giorno preferiscono riposare distesi in buche nel terreno che scavano col muso e gli zoccoli fra i cespugli, per poi ingrandirle con l’usura. Durante l’inverno, essi hanno l’abitudine di imbottire le loro buche con frasche e foglie secche.
Sono certamente animali sociali, che vivono in gruppi composti da una ventina di femmine adulte e dai loro cuccioli, guidate dalla scrofa più anziana: in alcune zone particolarmente ricche di cibo, tuttavia, si trovano gruppi che includono anche più di 50 animali, spesso risultato della fusione di più gruppi.

Tracce del passaggio di cinghiali, probabilmente ibridi tra popolazioni autoctone e cinghiali provenienti dal Nord Europa; presso l’Oasi WWF Lago di Conza (Av).

Tracce del passaggio di cinghiali, probabilmente ibridi tra popolazioni autoctone e cinghiali provenienti dal Nord Europa; presso l’Oasi WWF Lago di Conza (Av).

I maschi più anziani conducono una vita solitaria per la maggior parte dell’anno, mentre i giovani maschi che ancora non si sono accoppiati tendono a riunirsi in piccoli gruppi. Il territorio appartenente a ciascun gruppo viene delimitato tramite secrezioni odorose della zona labiale ed anale: i territori dei maschi sono solitamente più grandi di quelli delle femmine.
I vari esemplari comunicano fra loro attraverso una vasta gamma di suoni, che comprendono una serie di grugniti a varie frequenze, grida e ruggiti che possono avere la funzione di comunicare la propria appartenenza ad un gruppo o la disponibilità all’accoppiamento o al combattimento.
I cinghiali sono noti per l’indole aggressiva: se presi alla sprovvista, anche se feriti, attaccano, combattendo strenuamente in modo tale da rappresentare un pericolo per le vittime di tali attacchi.
Gli attacchi dei cinghiali, sebbene raramente mortali per predatori come l’uomo o l’orso, possono lasciare ricordi indelebili nell’aggressore, come cicatrici e mutilazioni.
Si tratta di animali che hanno molta cura della loro igiene: l’abitudine di rotolarsi nel fango, definita ‘insoglio’, è la prima azione che l’animale compie dopo essersi svegliato e ha la duplice funzione di rinfrescare il corpo nei mesi caldi, proteggendolo da scottature dovute ai raggi solari, e di favorire la cicatrizzazione delle numerose ferite, di entità più o meno grave, che l’animale spesso si procura combattendo o muovendosi nel sottobosco.
Il principale predatore dei cinghiali è l’uomo: in genere è abbastanza raro che un predatore scelga di cacciare questi animali, se dispone di altre specie meno impegnative da cacciare. I cinghiali, infatti, sono animali forti, che non esitano ad attaccare per primi se disturbati.
Tuttavia il lupo si è dimostrato un temibile predatore per il cinghiale: nonostante tendano a nutrirsi dei cuccioli lasciati temporaneamente incustoditi dalle femmine, alcune popolazioni locali di lupo (fra cui quelle italiane) si nutrono abitualmente anche di cinghiali adulti (Mattioli et al., 1992).

Nella Naturalis historia di Plinio il Vecchio, si comprende che già nel 77-78 d.C. si era a conoscenza di molti elementi inerenti alle abitudini riproduttive dei cinghiali. A testimonianza di ciò si riporta un breve estratto:
«Le femmine del cinghiale partoriscono una volta l’anno. Durante il periodo dell’accoppiamento i maschi sono molto feroci. Allora combattono fra loro e cercano di rendersi duri i fianchi sfregandoli contro gli alberi e ricoprendosi di fango’. Le femmine nel periodo della maternità diventano più feroci e questo avviene in genere per animali di ogni tipo. La riproduzione inizia per i cinghiali maschi solo ad un anno. In India le loro zanne ricurve sono lunghe un cubito; entrambe escono dal muso, e altrettante dalla fronte, come corna di un vitello. Il pelo è di colore simile al bronzo negli esemplari selvaggi, negli altri è nero. In Arabia invece non vive la specie dei suini.
In nessuna specie è tanto facile l’unione con il corrispettivo selvatico, e gli antichi chiamavano i piccoli cosi nati ‘ibridi’ o semiselvatici, appellativo che passò anche agli uomini, ad esempio a Gaio Antonio, collega di Cicerone nel consolato. Non soltanto nei maiali, ma anche in tutti gli altri animali, di qualunque specie esista l’esemplare domestico, di questa si trova anche il corrispondente selvaggio, come esistono tante razze di uomini selvaggi di cui già abbiamo parlato» [Plinio il Vecchio, Naturalis historia, II, 212].
Il simbolismo del cinghiale ha radici antichissime, essendo presente in molte tradizioni indoeuropee e, per certi aspetti, anche al di fuori di esse, a riprova che tutte le tradizioni arcaiche sono, in qualche modo, correlate, pur presentando notevoli differenze nell’àmbito delle diverse culture.
Il mito è nato dalla tradizione iperborea, nel cui àmbito il cinghiale rappresenta l’autorità spirituale, rapportandosi al ritiro solitario del druido o del brahmano nella foresta. Il suo opposto è l’orso, emblema del potere temporale. Poiché in Gallia, come in Grecia, si soleva praticare la caccia al cinghiale, esso divenne l’immagine del potere spirituale abbattuto dal potere temporale.
Nelle varie tradizioni il cinghiale viene sconfitto e ucciso, con un evidente simbolismo di sostituzione di un regno a un altro: in Cina è catturato da Yi l’Arciere; Ercole cattura il cinghiale di Erimanto; Meleagro, con l’ausilio di Teseo e Atalanta, uccide quello di Calidone. Quest’ultimo, mandato sulla terra da Ares come punizione per Adone, trovò la morte nella caccia calidonia, organizzata dal re Oineo di Calidone. Il cinghiale era stato inviato da Artemide a distruggere i campi di Calidone perché Oineo era venuto meno nelle offerte votive succedute all’eccellente raccolto calidonio trascurando la dea. Per liberarsi della belva, il re organizzò una caccia in cui chiese la partecipazione di quasi tutti gli eroi del mito greco: tra gli altri, Castore e Polluce, i Cureti, Ida e Linceo, Admeto e Atalanta (Graves, 1955).
Di questo mito scrisse Omero nel libro IX dell’Iliade:
Ella dunque, stirpe divina, l’Urlatrice, irata, gli mandò contro un feroce cinghiale selvaggio, zanna candida, che prese a conciar male la vigna d’Oineo; molti alberi alti stendeva a terra, rovesci, con le radici e con la gloria dei frutti. L’uccise Melèagro, il figliuolo d’Oineo, chiamando cacciatori da molte città e cani, ché vinto non l’avrebbe con pochi mortali, tant’era enorme, e gettò molti sulle pire odiose [Omero, Iliade, libro IX].

Meleagro e il cinghiale (copia romana in marmo, da un originale greco del IV a.C., Museo Pio-Clementino)

Meleagro e il cinghiale (copia romana in marmo, da un originale greco del IV a.C., Museo Pio-Clementino)

All’episodio dell’uccisione del cinghiale calidonio è legata anche la fondazione della città di Benevento: una leggenda narra che Benevento debba le sue origini all’eroe greco Diomede, sbarcato in Italia dopo la distruzione e l’incendio di Troia, e che avrebbe riservato per la città una zanna del cinghiale calidonio (simbolo di Benevento) ucciso da suo zio Meleagro.
Nell’àmbito della successione ciclica, il nostro ciclo di esistenza è designato, nella mitologia indù, come quello del cinghiale bianco. Il cinghiale (varâha), in questa dottrina, non rappresenta soltanto il terzo dei dieci avatara di Vishnu nel Manvantara attuale, ma il nostro Kalpa intero, cioè tutto il ciclo della manifestazione del nostro mondo, è designato come “Shweta varaha Kalpa”, ovvero “il ciclo del cinghiale bianco” (Guénon, 1962).
Il cinghiale, insomma, è portatore di un carattere iperboreo, cioè primordiale. È la personificazione di Vishnu, allorché riportò la terra alla superficie delle acque e la organizzò.
In Giappone è associato alla temerarietà e al coraggio e lo stesso dio della guerra, Usa-Hachiman, è rappresentato su di un cinghiale.
Figura, inoltre, frequentemente sulle insegne militari galliche, in particolare su quelle dell’Arco di Trionfo d’Orange e sulle monete dell’indipendenza. Quest’animale non ha alcun rapporto con la classe guerriera, anzi, quale simbolo della classe sacerdotale, le si pone in netto contrasto. Il cinghiale è, al pari di un druido, in stretto rapporto con la foresta: si nutre di ghiande di quercia, e la femmina, simbolicamente circondata da cinghialetti, scava la terra ai piedi del melo, simbolo di immortalità.
Nella tradizione celtica, spesso è confuso con il maiale (i Celti avevano branchi di maiali tenuti quasi allo stato selvatico), ma il cinghiale costituisce il cibo dei sacrifici della festa di Samain ed è animale sacro a Lug. Fra i Celti era un importante animale sacro e figure di cinghiale servivano come ornamento per elmi e scudi: la carne di cinghiale veniva posta nella tombe dei morti come viatico per dar loro la forza nel viaggio verso l’aldilà. Sculture in pietra, a Euffigenux, e in bronzo, a Neuvy-en-Sullias, in Francia, testimoniano la grande importanza di questo simbolo animale nell’Antica Europa occidentale. (Biedermann, 1989)
Ancora in riferimento alle tribù celtiche, gli Edui avevano come animale totemico il cinghiale, divenuto poi simbolo della città di Milano; probabilmente gli Edui erano, infatti, tra le popolazioni fondatrici di Milano.
In nessun caso, neanche nei testi irlandesi di ispirazione cristiana, il simbolismo del cinghiale assunse sfumature di malvagità, e in questo esiste, quindi, una profonda contrapposizione tra mondo celtico e tendenze generali del cristianesimo. Si pensi, a tal proposito, a Dürer che pone, nel presepe natalizio, il cinghiale e il leone al posto del bue e dell’asino.

Emblema della legione X Fretensis (dalla foto di Yoav Dothan, wikipedia).

Emblema della legione X Fretensis (Foto di Yoav Dothan, Wikipedia).

Nella mitologia norrena, il cinghiale era associato alla fertilità, e si può trovare spesso nell’iconografia del dio-cinghiale (Gullinbursti) insieme al dio norreno Freyr. Freyr venne poi associato, nella cristianità, a San Nicodemo da Cirò e a Sant’Antonio Abate, che, infatti, spesso è ritratto con un maiale o un cinghiale.

In generale, nelle tradizioni antiche, questo animale aggressivo che spunta impetuosamente dal sottobosco è simbolo delle intrepide schiere di guerrieri. Si ricorda anche un cinghiale come simbolo della Legio X Fretensis (dello Stretto) legione romana creata da Augusto nel 41-40 a.C. e celebre per la sua azione militare nella prima guerra giudaica (66–73 d.C.) sotto il comando supremo del futuro imperatore Vespasiano. Nel 66 questa legione si recò insieme alla V Macedonica ad Alessandria per un’invasione dell’Etiopia, pianificata da Nerone, ma, contrariamente a quanto progettato, esse furono impiegate nella soppressione della rivolta giudaica (Grimal, 1987).

Il cinghiale fu simbolo anche della Legio XX Valeria Victrix , arruolata da Augusto (dopo il 31 a.C.). Questa legione romana prestò servizio in Spagna, in Illyricum e in Germania, prima di partecipare all’invasione della Britannia nel 43; fu attiva almeno fino all’inizio del IV secolo.

Antefissa Romana raffigurante l'insegna della Legio XX Valeria Victrix.

Antefissa Romana raffigurante l’insegna della Legio XX Valeria Victrix.

Per quel che riguarda strettamente le popolazioni italiche, in particolare che si stabilirono nel Sannio, i Caudini avevano come animale totemico, nella ‘primavera sacra’, il cinghiale (Salmon, 1995). I Caudini erano una delle quattro tribù che costituivano il popolo dei Sanniti e che facevano parte della confederazione che andava sotto il nome di Lega sannitica. Fu la tribù che maggiormente risentì dell’influenza ellenica.

Vivevano ai confini della pianura campana (Monte Taburno e Monti Trebulani) nella valle dell’Isclero e lungo il fiume Volturno. I loro centri principali erano Caudium, Saticula e Telesia, ma città caudine erano anche quelle situate ad ovest del Volturno: Caiatia, Cubulteria e Trebula Balliensis (Tagliamonte, 1997).

Impavido tra gli animali, dotato di virtù guerriere per natura, il cinghiale è il simbolo del coraggio, dell’indomita capacità che accomuna uomini e animali di difendersi e, come i più nobili tra i guerrieri, di esprimere la propria volontà di sopravvivenza. Questo simbolo rappresenta una nobile e sacra visione del mondo costantemente legata al dominio spirituale e non esclusivamente suggerita da bisogni materiali. L’augurio è quello di essere guidati, in questo momento storico di profonda crisi spirituale, dalla sua forza e dal suo coraggio, per affermare finalmente la nostra volontà di preservare e tramandare i culti e le tradizioni che hanno, nei millenni, definito la fisionomia dei nostri popoli.

Bibliografia

  • Hans Biedermann, Enciclopedia dei Simboli, Milano, Garzanti Editore, 1991.
  • Richard Frankham, Jonathan D. Ballou, David A. Briscoe, Fondamenti di Genetica della conservazione, Bologna, Zanichelli, 2006.
  • Félix Rodríguez de la Fuente, Il cinghiale, Segrate (MI), Giorgio Mondadori e Associati, 1983 («I taccuini di Airone», 3).
  • Robert Graves, I miti greci, Milano, Longanesi, 1955.
  • Pierre Grimal, Dizionario di mitologia greca e romana, Flero (BS), Paideia, 1987.
  • René Guénon, Simboli della Scienza Sacra, Milano, Adelphi Edizioni, 1975 [prima ed., 1962].
  • Luca Mattioli, Federico Striglioni, Ettore Centofanti, Vito Mazzarone, Nicola Siemoni, Sandro Lovari, Guido Crudele, Alimentazione del lupo nelle Foreste Casentinesi: relazioni con le popolazioni di ungulati domestici e selvatici, in Atti del Convegno sul lupo, Parma, WWF, 1992.
  • Gaio Plinio Secondo, Storia naturale, vol. II: Antropologia e zoologia (Libri 7-11), a cura di Alberto Borghini, Elena Giannarelli, Arnaldo Marcone e Giuliano Ranucci, Torino, Einaudi, 1983 («I Millenni»).
  • Gianluca Tagliamonte, I Sanniti. Caudini, Irpini, Pentri, Carricini, Frentani, Milano, Longanesi, 1997.

 

Immagini

  • in testata: Scena di caccia al cinghiale (sarcofago di Altıkulaç, IV sec. a.C. – Çanakkale, Turchia – part. da una foto di Dan Diffendale)
  • in evidenza: Caccia al cinghiale (Jan van der Straet, Venationes ferarum, avium, piscium, pugnae bestiariorum et mutuae bestiarum […], Anversa, Philippe Galle, 1602).