A spese altrui

Gasterophilus sp. è un dittero appartenente alla famiglia Oestridae, noto in napoletano con il termine cruosco [Soppelsa, 2016]. Allo stadio larvale è parassita di equidi domestici e selvatici e vive adeso alle pareti intestinali del suo ospite attraverso alcune parti boccali dette prime mascelle (massille) che sono anche criterio diagnostico per l’identificazione delle nove specie del genere.
Le prime informazioni sulla presenza di Gasterophilus in Campania risalgono al XVI secolo quando il nobile napoletano Pasquale Caracciolo pubblicò nel 1566 La gloria del cavallo.
Nel testo la larva è indicata genericamente come verme mentre il termine taffano si riferisce alla sua forma adulta. Molto ben descritto invece il comportamento irrequieto che caratterizza i cavalli parassitati da Gasterophilus; informazioni disseminate in tutto il testo e dalle quali si evince che l’animale non è più gestibile nemmeno dal suo cavaliere perché quando le mosche «sogliono penetrare sotto la coda o sotto il ventre», il cavallo scalpita e nitrisce, infastidito dal prolungato ronzio. Per allontanare le mosche dalla stalla Caracciolo suggerisce un mazzetto di peli di cavallo legati sulla porta oppure «la cenere de’ peli presi dalla testa del cavallo, mettendosi con aceto e con la lana ristringe ogni scorrimento di sangue», metodo che l’autore fa risalire a Plinio.

I peli cavallini legati in un mazzetto in sù la porta non vi fanno entrar taffani, né quelle mosche, le quali si dicono cavalline. Caracciolo, 1566

Nel 1699, il napoletano Giovanni Battista Trutta pubblicò l’opera Novello giardino della prattica ed esperienza, un vero e proprio trattato sul cavallo che comprendeva anche le malattie e le relative cure. Trutta testimoniò quanto fosse diffuso e pericoloso Gasterophilus per gli allevamenti equini.

Che io avendo fatto aprire più di un cavallo infetto da questo pestifero morbo, non vi ho trovato membro che non fusse offeso. Trutta, 1699

L’erudito napoletano elenca tutta una serie di rimedi per eliminare le larve dall’apparato digerente, tra cui far bere al cavallo tutte le mattine a digiuno un infuso: «E per ammazzare quelli, che sono nello stomaco, dateli la mattina alla digiuna, con mezza misura di biada, o caniglia, due oncie di corallina, o di sementella (e ciò per due, o tre mattine) ed oncie due di solfo, ed oncia mezza di polvere di centaura minore, e mezz’altra di cardo benedetto, che li farà andare morti» [Trutta, 1699].

O pure dateli corno di cervo abbrugiato, con semente di portolaca, e di foglia, e sementella, ana oncia una, quale darete con l’acqua di gramegna, che questa ammazza tutti li vermi. Trutta, 1699

Non mancano nemmeno descrizioni sulla fase larvale di Gasterophilus, indicati come lombrichi corti, e grossi, e larghetti, e di colore rossigno, che alcuna volta suole essere peloso. La larva del dittero non ha veramente dei peli ma spine cuticolari mobili con le quali si sposta nel tratto digerente del suo ospite. Infatti, durante la fase larvale, Gasterophilus occupa nell’ordine: bocca, stomaco o intestino e infine il retto del cavallo. La larva passa nell’ospite circa otto mesi e per questo il ciclo vitale è considerato annuale.

uovo di Gasterophilus sp. su pelo di cavallo

Uovo di Gasterophilus sp. su pelo di cavallo (da cal.vet.upenn.edu).


L’adulto invece vive cinque giorni, tutti dedicati all’accoppiamento e alla deposizione delle uova, che avviene direttamente sull’ospite, soprattutto sugli arti e sui fianchi. Il cavallo, indotto a leccarsi per il prurito causato dall’atto della deposizione delle uova, le introduce nella cavità orale, dove si schiudono e danno inizio al ciclo vitale del parassita.
Gli studi degli ultimi dieci anni stanno analizzando la morfologia dell’adulto, che apparentemente è quella di un qualsiasi dittero. Tuttavia si sta osservando una progressiva atrofizzazione dell’apparato boccale, in quanto resta inutilizzato durante la settimana di vita dell’adulto. Altri studi si sono invece orientati sull’analisi del ruolo ecologico di Gasterophilus, di cui non si sa praticamente nulla, ma che potrebbe essere importante al fine di ricercare un «nemico» naturale per eliminare questi ditteri in modo da non dover più utilizzare larvicidi dannosi per l’ambiente.
Gasterophilus non è quindi tra gli animali scoperti più di recente, anzi notizie se ne ritrovano anche in testi di Aristotele e Plinio il Vecchio, ma di certo solo negli ultimi anni il dittero non è più visto solo come un problema, ma anche come soggetto meritevole di studi da parte di zoologi ed ecologi.
 

Bibliografia

  • Nicola Capasso, I sonetti in lingua napoletana di Niccolò Capassi primario professor di leggi nella Regia Università di Napoli […], a cura di Carlo Mormile, 2 voll., s.l., s.e., 1789.
  • Pasquale Caracciolo, La gloria del cavallo […], Venezia, Gabriele Giolito de Ferrari, 1566.
  • Cogley T.P., Cogley M.C., 2000, Field observations of the host-parasite relationship associated with the common horse bot fly, Gasterophilus intestinalis, «Veterinary Parasitology», 88(1-2): 93-105.
  • Donald M. McGavin, James F. Zachary, Patologia Veterinaria Sistematica, 4th edition, Elsevier, 2010.
  • Ottavio Soppelsa, Dizionario Zoologico Napoletano, Napoli, D’Auria, 2016.
  • Giovanni Battista Trutta, Novello giardino della prattica, et esperienza […] divisa in tre libri […], Napoli, Novello de Bonis, 1699.
  • Violeieda 1788: La Violejeda spartuta ntra buffe e bernacchie pe chi se l’ha mmeretate. Soniette de chi è ammico de lo ghiusto, Napoli, Giuseppe Maria Porcelli, 1788 («Collezione di tutti i poemi in lingua napoletana», XXII), pp. 1-104; ed. moderna La violeieda spartuta ntra buffe e bernacchie, a cura di Carlachiara Perrone, Roma, Edizioni Benincasa, 1983 («Testi dialettali napoletani. Collana diretta da Enrico Malato», XVII).

 

Immagini

  • in testata: Varie fasi del ciclo vitale (Gasterophilus): imago (a), uova (b) e stadi larvali (c, d, e)
  • in evidenza: Gasterophilus intestinalis (foto di Janet Graham, wikipedia).