La teriaca è stata un antico rimedio dalle supposte virtù miracolose. Il suo nome deriverebbe dal greco θηριακή (theriaké), cioè antidoto (contro un morso velenoso). Secondo un’altra ipotesi la parola deriverebbe dal sanscrito tàraca (da tár ‘salva’) o ancora dal greco θηρίον (therìon) animale velenoso. Considerata magica, ha origini antichissime ed è stata prescritta per quasi diciotto secoli, fino alle soglie del XX sec., con numerose e spesso fantasiose varianti nella sua composizione.
La più famosa è la theriaca magna o di Andromaco il vecchio, medico di Nerone, il quale per evitare l’avvelenamento dell’imperatore si era ispirato agli insegnamenti di Mitridate e allo scopo di aumentare le virtù terapeutiche della teriaca introdusse la carne di vipera in base alle credenze dell’epoca; infatti, l’animale velenoso avrebbe dovuto possedere all’interno del suo corpo anche il suo antidoto.
Della Theriaca 1594Facendo storicamente qualche passo indietro (I sec. a.C.), si narra che il medico Crautea, pressato dalle richieste del preoccupato sovrano Mitridate, si era mobilitato alla ricerca di un rimedio contro ogni forma di avvelenamento. Il potente farmaco che era stato messo a punto passò alla storia come mitridatium e aveva una formulazione complessa. Da allora, i medici e i farmacologi definiscono “mitridatismo” l’assuefazione fisiologica ai veleni, e la conseguente neutralizzazione di ogni loro effetto deleterio. La tradizione vuole che la ricetta per la sua preparazione fosse trovata dal generale romano Pompeo in un nascondiglio del palazzo di Mitridate, da qui il nome affidatole di elettuario di Mitridate.
Intorno alla prima metà del II sec. a.C., il medico di Pergamo Nicandro da Colofone aveva composto due poemetti su un suo antidoto dal nome Theriaca e sugli antidoti ai veleni in generale, enumerando circa 125 erbe utili contro il morso dei serpenti, di cui buona parte si ritroverà per secoli nelle farmacopee successive.
Critone di Heraclea, detto anche Critone il Giovane, medico greco vissuto tra I e II sec. d.C. fu medico personale dell’imperatore Marco Ulpio Nerva Traiano che seguì nella guerra contro i Daci (del quale evento ci testimonia Galeno nel suo De Compositione medicamentorum secundum locos, I. 3, vol. XII). Costui aggiunse alcuni componenti perfezionando ulteriormente la teriaca e ne fece largo uso nei campi di battaglia.
Secondo Plinio il Vecchio «Si dà il nome di teriaca a una preparazione inventata per sfoggio. Vi entra una congerie sterminata di ingredienti; e pensare che la natura fornisce tanti rimedi, ognuno dei quali basterebbe a guarire da solo» [Plinio XXIX, 24]. Poi però descrive alcune pasticche: «Con la vipera si fanno delle pasticche chiamate dai Greci teriache, recidendo per tre dita di testa e altrettante di coda, togliendo via le interiora e la parte scura aderente alla spina, facendo ben cuocere in una padella con l’acqua e l’aneto quanto resta del corpo, ripulendola delle scaglie e aggiungendo fior di farina: le pasticche cosi ottenute si fanno seccare all’ombra e si usano per molte medicine. Mi sembra doveroso segnalare che questa preparazione si fa solo con la vipera» [Plinio XXIX, 70].teriaca
Grande attenzione per la teriaca si ritrova negli scritti di Galeno di Pergamo (138-201 d.C.) che seppe miscelare la tradizione filosofica con le discipline matematiche più vicine all’architettura, professione paterna, introducendo in medicina il rigore dimostrativo della geometria euclidea. Nel De theriaca ad Pisonem esaltò l’azione portentosa di questo farmaco affermando che un’assunzione quotidiana avrebbe protetto dai veleni più potenti.
Le Ordinationes di Federico II, emanate nel 1231-41, separarono le competenze tra medici e speziali, proibirono di contrarre società tra loro, vietarono ai medici di possedere una propria spezieria e riservarono la preparazione di tutti i farmaci, tra cui la teriaca, ai soli speziali. D’altra parte nel corpus normativo noto come Costituzioni di Melfi (Liber Constitutionum Regni Siciliae o Liber Augustalis), aveva stabilito che i medici avrebbero potuto esercitare la professione solo se laureati alla Scuola Medica di Salerno e previsto pene severe per coloro che avessero fatto commercio di preparazioni false o pericolose.Bartolomeo Maranta
All’inizio del XIV sec., attraverso la via della seta e i viaggi intrapresi verso l’estremo Oriente, furono introdotte in Europa nuove spezie e droghe il cui utilizzo e vendita furono affidate a corporazioni di speziali. La teriaca fu oggetto in questo periodo di variazioni della propria composizione passando dai 62 componenti citati da Galeno ai 74 della farmacopea spagnola.
L’auge della sua popolarità fu raggiunta nel XVI sec. per cui tutte le spezierie di Napoli, Roma, Bologna e Venezia si dedicarono alla preparazione raggiungendo volumi di produzione e vendita tali da influire sull’economia cittadina. La migliore sembra fosse proprio la teriaca veneziana verosimilmente a seguito dell’intenso traffico commerciale e di scambi che questa città ebbe in tal periodo. Qui la sua preparazione avveniva nel mese di maggio per le correlazioni astrali ritenute particolarmente favorevoli e godeva di una notevole popolarità, con la realizzazione di una sfarzosa cerimonia che prevedeva l’esposizione al pubblico per tre giorni e la partecipazione delle più alte cariche della Serenissima e del protomedico.
La composizione della teriaca ha avuto delle variazioni nel tempo, trasformandosi da semplice rimedio contro i veleni a panacea per combattere numerose malattie. Le teriache del XVI, XVII e XVIII sec. prevedevano in proporzioni variabili angelica, centaurea minore, genziana, mirra, incenso, timo, tarassaco (componenti amari), succo d’acacia e potentilla (astringenti), miele attico e liquirizia (per addolcire), finocchio, anice, cannella e cardaromo (carminativi), radice di valeriana e aristolochia, opoponax (elementi fetidi), scilla e agarico bianco (per il gusto acre), asfalto, matricaria e oppio di Tebe (sedativi) e per concludere vino di Spagna, pepe, malvasia, zafferano, fungo del larice, gomma arabica, mastice, croco, castoro, rabarbaro, calcite, trementina, carpo balsamo, malabatro, terra di Lemno, opobalsamo, benzoino e solfato di ferro. 938791bd7670c095A questi si aggiunsero i trochisci di vipera cioè carne di vipera femmina non gravida dei Colli Euganei, catturata dopo il letargo invernale, privata di testa coda e visceri, bollita in acqua di fonte aromatizzata con aneto e impastata con pane secco in forme rotondeggianti della grandezza di una noce, infine essiccate all’ombra. La preparazione doveva inoltre maturare per sei anni ed era ritenuta valida per almeno altri trentasei.
La modalità di somministrazione variava in base alla patologia, età e grado di debilitazione del paziente che l’assumeva dopo avere assunto una purga, stemperata in vino, miele, acqua o avvolta in foglia d’oro in quantità variabili da una dramma (1,25 g) a mezza dramma. Per le influenze astrali cui abbiamo accennato, eredità delle correnti di pensiero ermetico vivamente rappresentate durante il sincretismo alessandrino, era preferibile assumere la teriaca in inverno, seguito da autunno e primavera, ma mai d’estate.
Le patologie sulle quali si riteneva che agisse terapeuticamente erano come detto le più svariate: coliche, febbre maligna, insonnia, emicrania, angina, tosse, ipoacusia, lebbra, peste, impotenza, morsi di vipera e di cane, avvelenamenti.
Alla fine del XVIII secolo, la teriaca scomparve dalle farmacopee di molte città europee, ma in Italia e nel Meridione, la sua popolarità continuerà ancora a lungo. Il re di Napoli Ferdinando IV di Borbone, resosi conto delle potenzialità economiche del composto, nel 1779 ne impose il monopolio statale con l’obiettivo dichiarato di proteggere dalle teriache contraffatte la salute dei cittadini. La preparazione fu affidata in esclusiva al Real Elaboratorio Chimico, e tutti gli speziali del regno furono obbligati ad acquistarne almeno mezza libbra l’anno. Dovevano inoltre esserne sempre forniti e all’ispezione del protomedico o del suo vice, ogni speziale doveva esibire, oltre al vasetto della teriaca, la ricevuta dell’acquisto annuale. Il prezzo, fissato con intenti concorrenziali (il prezzo di mercato della teriaca veneziana era intorno ai 24 carlini) oscillava, a seconda delle quantità acquista, dai 18 ai 12 carlini (per un acquisto di almeno cinque libbre).

Vi si osserva anche il Real Elaboratorio Chimico con tutti gli strumenti operatorij: il medesimo ha il diritto privativo di preparare e vendere la Teriaca, accordatogli dal Re con dispaccio di Agosto 1779 della qual Teriaca tutti gli Speciali [speziali] di Napoli e di questo Regno si debbono provvedere. Sarnelli, 1782

L’esperimento borbonico della teriaca statale ebbe scarso successo, né le cose migliorarono quando il diritto di esclusiva sulla fabbricazione passò, nel 1807, per iniziativa di Giuseppe Bonaparte, al neonato Real Istituto di Incoraggiamento alle Scienze naturali di Napoli. La causa non è da ricercare nella scarsa richiesta o consumo, bensì perché era affiancata da quella venduta di “controbando” tradizionalmente preparata in segreto dagli speziali napoletani.
Il Real Istituto di Incoraggiamento alle Scienze naturali di Napoli, attraverso varie vicissitudini, mantenne il proprio diritto fino al 1863. Dagli Atti Ufficiali al paragrafo Proventi leggiamo: «Ecco i precisi termini del Decreto. Dopo la consueta formola, segue: “Art. 1.° La confezione della teriaca sarà sottoposta alla ispezione della Società d’Incoraggiamento. Art. 2.° Andrà in conseguenza a vantaggio della medesima il diritto della privativa di un tal farmaco, che trovavasi accordata all’estinta Accademia di Scienze e belle lettere”. Napoli 11 settembre 1807. Con altro Decreto del 13 ottobre dello stesso anno furono dati alla Società tutti gli antichi utensili che servivano alla fabbricazione della teriaca, ed il residuo del farmaco che si trovava presso l’estinta Accademia. […] In quel tempo lo smercio della teriaca non superava un migliaio e mezzo di ducati annui; dal quale valore, detraendo tutte le spese per le droghe, e per la vendita, ciò che avanzava era appena sufficiente per lo acquisto dei giornali. E doveva esser cosi, perché come eran liberi i farmacisti di acquistare dall’Accademia la quantità di farmaco, che meglio ad essi piaceva, la proverbiale mala fede di questi dispensatori della salute pubblica, consigliava a non pochi di ricorrere al catrame o ad altre simili materie per adoperarle in sostituzione della teriaca negli usi più comuni» [Atti Incoraggiamento, 1863].

Bene mio! che scrianzatune! m’hanno fatto mettere la vermenara! Pulicenè, figlio mio, dimane mme voglio piglia n’onza d’acqua turriacale. Altavilla, 1853

La vendita della teriaca sotto monopolio dello stato non ebbe successo non per scarsa richiesta o consumo; la causa fu invece perché era affiancata da quella venduta di “controbando” tradizionalmente preparata in segreto dagli speziali napoletani.
In ogni caso la teriaca contribuì alla sopravvivenza di importanti società scientifiche che dopo l’unità: «Il terreno su cui la questione andava portata è questo: deve lo Stato soccorrere corpi accademici sì o no? Una volta che si fosse detto di no, io sarei stato il primo ad accettarne le conseguenze, ed a riconoscere giusto il rifiuto del sussidio agli istituti di incoraggiamento di Napoli e Palermo, i quali non sono altro che accademie. […] … Ma poiché lo Stato dà lire 28,769 59 all’accademia della Crusca, e ne dà altre 15,709 all’accademia delle scienze di Torino, oltre altre 28,501 89 all’istituto lombardo, io non so perché non dovesse poi dare le 24 mila lire per gl’istituti di incoraggiamento di Napoli e Palermo. Lascio da parte il monopolio della teriaca che è affatto ridicolo, torno a dirlo, il parlarne, e passo a dire che cosa sono gl’istituti d’incoraggiamento di Napoli e di Palermo, se la Camera me lo permette» [Atti del Parlamento Italiano, 1863]; così nella tornata della Camera dei Deputati del 3 febbraio 1863 Federico Capone difese l’Istituto d’Incoraggiamento di Napoli e Palermo.

Vipera aspis (foto di Alexandre Roux)

Vipera aspis (foto di Alexandre Roux)


 
La teriaca è proposta quale panacea per tutti i mali anche in una versione della canzone ’O Guarracino. In questa versione il parapiglia e la rissa non avvengono per le avance del Guarracino alla Sardella «ch’avea ’nchiantato l’Alletterato primmo e antico ’nnamorato» ma perché «Chella ’a sposa già era prena».

e ’o guarracino dicette allero
“Finalmente me sì mugliera”
[…]
La sardella se sente int’a panza
comme si fosse na cuntrattanza
“Aiuto, aiuto – alluccaje n’alice –
Priesto chiammate na levatrice”
“È cos’ ’e niente – dicette ’a murena –
Chella ’a sposa già era prena”
“A chi è figlio – strillaje ’o guarracino –
M’ha fatto curnuto ’e Santu Martino”
[…]
e succerette proprio na uerra
nu fuja fuja e nu serra serra
cinquanta muorte duecento ferite
e n’ati vinte ’mpericulo ’e vita
e ll’ate jettero add’o speziale
pe piglià ll’acqua turriacale

 

Bibliografia

  • Pasquale Altavilla, L’arrivo de Pulecenella a Casalenuovo, Napoli, Tipografia de’ Gemelli, 1853.
  • Atti Incoraggiamento: Sedi e proventi del Reale Istituto, «Atti del Real Istituto d’Incoraggiamento alle Scienze Naturali di Napoli», X (1863), pp. 118-126.
  • Atti del Parlamento Italiano – Discussioni della Camera dei Deputati, VIII Legislatura – Sessione 1861 – 1862 (11/12/1862 – 28/02/1863), Volume (VIII) XIV della Sessione 4° periodo dal 11/12/1862 al 22/12/1862 Roma, Tipografia Eredi Botta 1883, pp. 4937-4965.
  • Salvatore De Renzi, Storia della medicina in Italia, vol. I, Napoli, Tipografia del Filiatre-Sebezio, 1849
  • Bartolomeo Maranta, Della theriaca et del mithridato libri due di m. Bartolomeo Maranta, […] ; ne quali s’insegna il vero modo di comporre i sudetti antidoti, et s’esaminano con diligenza tutti i medicamenti, che v’entrano, Venezia, Marcantonio Olmo, 1572.
  • Prammatiche: Nuova collezione delle prammatiche del regno di Napoli, tomo XII, Napoli, Stamperia Simoniana, 1805.
  • Pompeo Sarnelli, Nuova guida de’ forestieri e dell’istoria di Napoli […], Napoli, Erede di Saverio Rossi, 1782.

 

Immagini

  • in testata: Sebastien Stoskopff, Vanitas mit Theriac-Behälter (1627, Galerie Koetser, Zürich).
  • in evidenza: urna della teriaca realizzata da Crescenzio Trinchese. Farmacia storica degli Incurabili (museoartisanitarie.it).