La città di Napoli diede i natali a Giovanni Battista Della Porta, o Giambattista o Giovambattista Della Porta, nel 1535 (anche se alcune biografie, dalle incerte fonti, indicano come luogo di nascita Vico Equense).Della Porta morì, sempre a Napoli, il 4 febbraio 1615 e di lui si può affermare che fu naturalista, filosofo, alchimista e scienziato, come pure ricercatore e inventore nel campo dell’ottica e del magnetismo. Fu anche commediografo e pubblicò 14 commedie in prosa, una tragicommedia, una tragedia e un dramma liturgico, che divennero fonte di molte opere nel corso del XVII secolo.

Giovanbattista Della Porta. (incisione di Nicolas de Larmessin, 1682 - Credit: Wellcome Library, London. http://wellcomeimages.org)

Giambattista Della Porta (incisione di Nicolas de Larmessin, 1682. Credit: Wellcome Library, London, http://wellcomeimages.org)

Terzo figlio di Nardo Antonio Della Porta e di una patrizia della famiglia Spadafora, nacque in una famiglia di antica nobiltà che portava impressa, sul suo stemma, una porta aperta. Ricevette le basi della sua formazione culturale in casa, secondo gli usi dei giovani aristocratici. Musica, ballo ed equitazione furono tra le arti che era solito studiare, ma le sue notevoli – e innate – capacità furono presto evidenti nell’àmbito delle scienze naturali e della filosofia.
La famiglia risiedeva presso il palazzo Della Porta a Napoli, nei pressi di Piazza Carità, lungo Via Toledo (attualmente al civico 368), una villa a due porte (la cui costruzione iniziò nel 1546), ma possedeva anche la villa delle Pradelle a Vico Equense. Tra i suoi maestri si annoverano il classicista, alchimista e naturalista calabrese Domenico Pizzimenti (traduttore di Democrito) e i filosofi e medici Donato Antonio Altomare e Giovanni Antonio Pisano.
L’epoca in cui Della Porta condusse la sua esistenza terrena fu segnata da eventi storici ostili alla sua natura e agli studi che intendeva approfondire e che, però, lo resero una personalità singolare e brillante all’interno del panorama degli scienziati italiani del Cinquecento. Tra gli eventi che sicuramente ebbero ripercussioni sulla sua vita si può includere la riattivazione, nel 1542, del tribunale dell’Inquisizione e l’avvio della Controriforma, dopo il Concilio di Trento nel 1545.
Della Porta pubblicò la sua prima opera nel 1558, la Magiae naturalis, in quattro libri e, in quegli stessi anni, fondò un’accademia detta dei Secreti (Academia Secretorum Naturae), che accoglieva studiosi della natura che si riunivano nel palazzo dei Della Porta.
Quando, nel 1583, si diffuse la voce che finalmente era stato scoperto il segreto della trasmutazione dei metalli, il cardinale Luigi d’Este, che in quegli anni si serviva delle ricerche di Della Porta, chiese allo scienziato napoletano di condurre indagini sulla pietra filosofale. L’Inquisizione napoletana, nel 1586, dopo aver ricevuto una denuncia anonima, effettuò un’inchiesta su Della Porta, il quale riuscì a non ricevere danno dalle indagini. Gli fu soltanto ordinato di “astenersi da giudicii astronomici” [Muraro, 1978] perché, probabilmente, sospettato di determinismo astrologico e di aver fama di indovino e astrologo.

Frontespizio della Magiae naturalis ed. del 1591.

Frontespizio della Magiae naturalis (ed. 1591).

Jean Bodin (1529-1596), filosofo e legislatore francese, tra i principali teorici e sostenitori dell’assolutismo monarchico, nell’opera La Démonomanie des Sorciers (1580) lo compromise in una polemica contro Johannes Wier (1515-1588), demonologo e medico olandese, il quale, in De praestigiis daemonum et incantationibus ac veneficiis (1563) sosteneva che il volo notturno e il sabba delle streghe fossero ingannevoli allucinazioni e non effetti reali di un potere diabolico ultraterreno esercitato dalle streghe. Wier criticava, quindi, la persecuzione delle streghe per tali ragioni da parte dell’Inquisizione, citando però Della Porta, che nella Magiae naturalis raccontava di aver ricevuto da una strega la formula per preparare un unguento mediante il quale era possibile stimolare uno stato onirico, al termine del quale si poteva ricordare nitidamente sia il volo che il sabba. Bodin accusava quindi Della Porta di divulgare la ricetta di un tossico di evidente compromissione diabolica, prodotto da “grasso di bambini dissotterrato dalle tombe”. Per via di Bodin, Della Porta fu costretto a eliminare, dalla sua opera, la storia dell’unguento delle streghe. Grazie a importanti protezioni la Magiae naturalis non fu, però, mai inclusa nell’Indice dei libri proibiti.
Nel 1589 pubblicò nuovamente la Magiae naturalis, nel frattempo diventata un’opera in venti libri, in cui si delineavano le istruzioni per comprendere la sua concezione magico-alchemica del mondo, molto simile a quella di Paracelso.
Dopo la pubblicazione di quest’opera ebbe una pubblica disputa e numerosi incontri con il filosofo Tommaso Campanella, che, di tale disputa, dichiarò: «scrissi due opere, l’una del senso, l’altra della investigazione delle cose. A scrivere il libro De sensu rerum mi spinse una disputa avuta prima in pubblico, poi in privato con Giovanni Battista Della Porta, lo stesso che scrisse la Fisiognomica, il quale sosteneva che della simpatia e dell’antipatia non si può rendere ragione; disputa con lui avuta appunto quando esaminavamo insieme il suo libro già stampato.» [Tommaso Campanella, Syntagma de libris propris, p. 14]
Gli scritti di Della Porta diedero, inoltre, notevoli contributi nel campo dell’ottica e del magnetismo. Il capitolo sull’ottica di Magiae naturalis (Libro XVII) fu infatti molto apprezzato da Johannes von Kepler (1571-1630), che lo sostenne anche nel 1610, intervenendo in una polemica sulla realizzazione del cannocchiale. Pochi studiosi di fisica sanno, in realtà, che la preziosa invenzione potrebbe, probabilmente, appartenere a Giambattista Della Porta, ma la questione della paternità dell’idea del cannocchiale è tuttora irrisolta. Una delle opere più conosciute di Della Porta, De humana physognomonia, fu terminata nel 1583 e può essere descritta come la più rivelatrice, insieme alla Magiae naturalis, della sua “visione scientifica”. Si trattava di un saggio relativo allo studio delle particolarità individuali dell’animo umano, e quindi dell’indole, mediante analogie tra i tratti somatici delle persone e le caratteristiche degli animali richiamati, per somiglianza, dai volti umani.

De humana physognomonia

De humana physognomonia

Nel 1603, il principe Federico Cesi fondò l’Accademia dei Lincei, che non conobbe fortuna a causa dell’opposizione del principe padre. Cesi, però, incominciò una fitta corrispondenza con Della Porta, nell’anno in cui l’Editore Sottile pubblicava il suo trattato di astrologia sulla Coelestis physiognomia. L’anno successivo Cesi si recò a Napoli, dove conobbe, oltre a Della Porta, anche Ferrante Imperato, Bartolomeo Maranta, il medico naturalista Donato Antonio Altimaro e Fabio Colonna, futuro Linceo. Nel 1610 nacque, su basi più ampie, la ricostituita Accademia dei Lincei, alla cui direzione fu destinato proprio Della Porta, che doveva essere a capo di un Linceo napoletano che non vide mai la luce. L’anno successivo nacque anche l’Accademia degli Oziosi, di cui Della Porta fu fondatore, con il fine di sviluppare lettere e scienze. Fino alla sua morte egli lavorò alla costruzione di lenti e specchi di forma parabolica che avrebbero dovuto migliorare le prestazioni del cannocchiale.
Tralasciando le invenzioni nel campo della fisica, l’àmbito scientifico in cui Della Porta si rese abile rivelatore della Natura, fu, però quello dell’alchimia e della fisiognomica. Per fisiognomica deve intendersi la disciplina che si prefigge di sondare la natura delle persone, in termini di predisposizioni del carattere, in relazione alle loro sembianze. Nell’antichità già Aristotele sosteneva, in un passaggio degli Analitici primi (2.27) che: «È possibile inferire il carattere dalle sembianze, se si dà per assodato che il corpo e l’anima vengono cambiati assieme da influenze naturali.»

Giambattista della Porta, La bellezza di Venere (in Della Fisonomia dell'huomo).

Giambattista della Porta, La bellezza di Venere (in Della Fisonomia dell’huomo).

Nella cultura rinascimentale la fisiognomica era diffusa tanto da appassionare Leonardo, Michelangelo e Pomponio Gaurico. La fisiognomica di Della Porta, però, presentava aspetti piuttosto singolari e intriganti, se confrontata con la fisiognomica moderna, risalente alle teorie già influenzate dal pensiero pre-positivista di Johann Kaspar Lavater (1741-1801). Eppure sembra che lo stesso Lavater fosse stato ispirato dal ricercatore napoletano e dal coevo filosofo inglese Thomas Browne (1605-1682), che, nell’opera Religio medici, sosteneva che: «[…] nei tratti del nostro volto è scolpito il ritratto della nostra anima.» Probabilmente simili teorie furono suggerite a Browne proprio dalla lettura e dallo studio degli scritti di Della Porta, in particolare del saggio Della celeste fisonomia.
Della Porta era risolutamente convinto della correttezza della ‘dottrina delle firme’ (o ‘teoria delle impronte’), ovvero della Signatura rerum, una forma di conoscenza alchemica ideata da Philippus Aureolus Theophrastus Bombastus von Hohenheim, detto anche Paracelso (1493-1541), medico e alchimista svizzero che, per la prima volta, aggiunse alla dottrina dei quattro elementi una nuova teoria per spiegare la composizione e i mutamenti della materia. Tale teoria contemplava tre nuovi principi, ripercorrendo i tre stadi dell’opus alchemicum: lo zolfo (elemento della nigredo), il mercurio (elemento dell’albedo) e il sale (che doveva costituire la tangibilità, la cenere residua, quindi probabile elemento della rubedo) ed era contrassegnata dalla presenza di spiriti della natura responsabili delle sue trasformazioni. Secondo la teoria delle impronte si sarebbe potuta mettere in pratica la legge tradizionale dell’analogia naturale, cardine della cosmogonia ermetica, fondata sulla interconnessione tra microcosmo dell’individuo e macrocosmo dell’universo. In questa concezione, gli astri, l’uomo e i regni della Natura sono interdipendenti secondo leggi astrologico-magiche di simpatia e antipatia.

Attratto dalle antiche teorie sulla signatura, Giambattista Della Porta compilò con passione un altro studio: Phytognomonica (1588). In quest’opera egli confermò che tutte le cose esistenti in natura sono in correlazione reciproca mediante le loro proprietà segrete, che si manifestano nella forma. Con l’osservazione di queste caratteristiche è possibile comprendere le corrispondenze, le affinità e le opposizioni. Piante o organi animali simili a uno specifico organo umano ‘simpatizzano’ con esso e, di conseguenza, potranno guarirne, con la magia naturale, ogni disturbo o malanno.

La seconda parte di Phytognomonica teneva conto della somiglianza della pianta con varie parti del corpo umano: la forma designa la parte del corpo umano che va curata con tale pianta e che troverà giovamento dalla cura.
Le analogie di cui parlava Della Porta, che si manifestano nel dominio materiale come concordanze e somiglianze morfologiche, indicano a chi ‘sa vedere’ che esistono qualità e proprietà comuni tra animali, piante e uomini. La legge naturale è la medesima. Il simile attrae il simile quindi, mediante il simile, si può comprendere il simile. Attraverso gli animali possiamo conoscere noi stessi e svelare le sottili leggi che governano le nostre azioni indagando la nostra anima. Questo non è soltanto un metodo di ricerca scientifica, ma un modo per rivelare e interpretare realtà occulte, per indovinare – o in-divinare – ossia – sondando l’etimologia del termine – per trovare qualcosa che è divino, che appartiene al Dio (da divinus).
«L’animo umano, dice Cicerone, è così involto negl’oscurissimi veli, e così nascosto sotto la tenebrosa caligine della simulazione, che quanto stimi gl’occhi, la fronte, e tutto il sembiante ti manifestino la verità, ed il parlar più di tutti, allor mentiscono più che mai. Si scorge talvolta sotto sembianza di uomo benigno, come afferma Seneca, come animo di fera, anzi più fero delle più fere fere. Per questo desiderò sommamente Socrate, acciò che giamai non s’avesse ad ingannar uomo, che fusse una fenestra nel petto: che così non potrebbe star nascosto un cuor doppio, ma a ciascun fusse lecito scoprir la volontà, i pensieri, le verità e le bugie.» [Giovanni Battista Della Porta, La Fisonomia dell’huomo et la celeste, Proemio]
Purtroppo secoli dopo, la popolarità della fisiognomica crebbe, ma caricandosi di elementi negativi, con le bizzarre tesi di antropologi e criminologi come Cesare Lombroso che volle applicare alcune ipotesi fisiognomiche alla criminologia, in particolar modo alla prevenzione dei reati, oppure con gli studi dedicati alla frenologia, diffusasi negli Stati Uniti nel corso del XIX secolo.
La deriva che prese la fisiognomica, dopo gli studi di Della Porta, testimonia che la sua opera rimase – e certamente rimane – ancora incompresa a chi non ha una predisposizione, nell’àmbito della conoscenza scientifica, ad andare a fondo nella ricerca e a non fermarsi alla semplice e immediata manifestazione fisiologica o apparente – che spesso può rivelarsi ingannevole.
medaglione_giovan_battista_Vico Equense (NA) 1535 - Napoli 1615
Di Della Porta, Lorenzo Crasso scrisse, nella sua opera Elogii degli huomini letterati: «applicò l’animo ad investigar gli arcani della Natura, o trascrivendo gli altrui ritrovati. Hebbe la Città di Napoli per Patria. […] Non appieno contento della Filosofia, della Matematica e della Magia naturale, che a beneficio universale stampò più Libri, intese così bene di Fisonomia, imbevuta da lui ne’ fonti de’ Greci Scrittori, e Latini, che da quel che n’ha scritto, si conosce il suo gran valore. […] In predire gli humani eventi fu stimato l’Indovino de’ suoi tempi. Perloche sospetto alla Curia Romana perspicace osservatrice del suo Nome, e delle sue azioni, fu costretto non senza mortificazion d’animo a dar severissimo conto del suo sapere. […] Giunto a gli anni settanta di sua Vita, chiuse gli occhi alla luce nell’anno del Signore 1615, lasciando di sé quella fama, che non morirà mai presso i Posteri Virtuosi.»
Ovviamente, guardando all’opera di Della Porta e ai suoi insegnamenti, per considerarsi ‘Posteri Virtuosi’ occorre non essere legati a una visione limitata dei fenomeni naturali, bisogna ‘guardare oltre’ – o, meglio, ‘guardare dentro’ –, saper togliere i veli per arrivare a comprendere la legge interna, nascosta, e, per questo, sacra della Natura.

Bibliografia

  • Giovanni Battista Della Porta, De humana physiognomonia, Vico Equense, Giuseppe Cacchi, 1586.
  • Giovanni Battista Della Porta, Phytognomonica, Napoli, Orazio Salviani, 1588.
  • Giovanni Battista Della Porta, Magiae naturalis libri viginti, Francoforte, Iohann Aubry & Claude de Marne, 1591.
  • Lorenzo Crasso, Elogii degli huomini letterati, Venezia, Combi & La Noù, 1666.
  • Luisa Muraro, Giambattista Della Porta mago e scienziato, Feltrinelli, Milano, 1978.

 

Immagini

  • in testata particolare di Le streghe vanno al Sabba (Luis Ricardo Falero, 1878).
  • in evidenza De distillatione (ed. del 1608, p. 31).