«Il ciel ti sorride, graziosa navicella, poiché le nuvole non fan sopra di te scuro, né le acque si commovono da balzarti qua e là, sendovi tanto alito che basti per mandarti innanzi colle tue vele. […] Voga, voga, graziosa navicella ovunque». Così, nel 1839, il poeta risorgimentale Luigi Cicconi, nel giornale da lui diretto “Museo scientifico, letterario ed artistico”, comincia a descrivere l’Argonauta argo.

Il poeta sottolinea come Linneo stesso non abbia dato a caso quel binomio a quel curioso mollusco la cui “conchiglia” è «simmetrica, sottilissima, in forma di spira, il cui ultimo cerchio è così grande in paragone degli altri, che la conchiglia rassomiglia ad una scialuppa: e quella spira fu la sua poppa». Il binomio Argonauta argo, infatti, trae origine dal mito greco degli Argonauti, gruppo di eroi che, sotto la guida di Giasone, intraprendono l’avventuroso viaggio a bordo della famigerata nave Argo, che li condurrà alla conquista del vello d’oro.

Costellazione Argo navis (tratto da: Johannes Hevelius, Firmamentum Sobiescianum sive Uranographia).


 
Già nel 300 a.C. Aristotele descriveva l’argonauta come “un marinaio oceanico in una barca di conchiglia le cui braccia dorsali sono adorne di alte vele per catturare il vento”.
Non è un caso che uno dei nomi in lingua napoletana di questo animale sia maistrale (Soppelsa, 2016), il vento che spira da Nord-Ovest, e che quindi evocherebbe l’uso delle braccia espanse che l’animale userebbe a mo’ di vela; ciò, inoltre, giustificherebbe alcune illustrazioni che ritraggono Argonauta argo mentre galleggia a filo d’acqua con le braccia dorsali espanse protese verso l’alto.

Una femmina di Argonauta argo raffigurata con le braccia espanse rivolte in alto (tratta dall’articolo L’argonauta di Luigi Cicconi)


 
Ebbene, ad oggi sono molti i comportamenti di questo mollusco a rimanere sconosciuti e non possiamo affermare con certezza se il veleggiare a filo d’acqua sia parte del comportamento natatorio dell’argonauta. Sappiamo però che sia l’ooteca, l’erroneamente chiamata “conchiglia”, sia il paio di braccia espanse, contribuiscono, ma solo in parte, alle abitudini natatorie del mollusco.

Tra i maschi e le femmine è presente uno spiccatissimo dimorfismo sessuale: il maschio, infatti, può arrivare ad avere 1/5 delle dimensioni della femmina, non ha le braccia espanse e non produce l’ooteca. I maschi di argonauta fanno inoltre parte di quegli Octopodi che producono l’ectocotile. Considerato a lungo una sorta di verme parassita autonomo, l’ectocotile è un braccio del mollusco, di fatto uno pseudo pene, che si espande, si stacca dal corpo del maschio e, nuotando libero, va alla ricerca della cavità palleale della femmina fissandovisi con le spermatofore. Il braccio verrà successivamente rigenerato (vedi fig. in evidenza).

Solo la femmina è dotata dunque del paio di braccia espanse. Queste sono fornite di ghiandole atte alla secrezione e, se necessario, alla riparazione, dell’ooteca, un sottile strato di carbonato di calcio che la femmina produce prima della sua maturazione e che usa letteralmente come casa, entrandoci quasi completamente, lasciando all’esterno solo occhi, becco e sifone. Dalla sottigliezza e fragilità dell’ooteca deriva il soprannome “nautilus di carta”, insieme con la sua caratteristica forma che segue la spira della sezione aurea, ma che, a differenza delle vere e proprie conchiglie dei cugini nautiloidei, non è una struttura atta al nuoto (fig. in testata).

Anche le due braccia espanse rimangono fuori dall’ooteca, aggrappate ai suoi lati a scopo protettivo e per mantenerla nella sua posizione corretta. All’interno dell’ooteca, la femmina deporrà le uova, il cui numero varia in base alla dimensione dell’esemplare e se ne separerà solo in caso di estremo pericolo.
L’utilizzo delle braccia espanse sembra dunque essere limitata alla secrezione, protezione e stabilizzazione dell’ooteca e, ad oggi, non è stato confermato dall’osservazione un loro ruolo nella navigazione in superficie del cefalopode. Tra l’altro, questa sua salita in superfice sfruttando la fuoriuscita dell’acqua dal sifone e l’ooteca come camera d’aria, per poi ridiscendere nei fondali sfruttando un’ulteriore propulsione ottenuta fuori dall’acqua, rappresenta solo una piccola parte del nuoto dell’argonauta.

Schema di nuoto della femmina.


 
Generalmente, infatti, l’argonauta vive in prossimità dei fondali marini tropicali e subtropicali dove si nutre di molluschi pelagici e granchi, catturando le sue prede come un gigantesco anemone marino con le braccia estese. Altro comportamento osservato è il suo spostarsi attaccato a materia galleggiante, quali meduse, salpe, larve di stomatopodi, detriti di piante od altro. Questo adattamento potrebbe consentire all’organismo di muoversi passivamente di notte sulle acque superficiali per deporre le uova e rilasciare le larve.
Molto ancora riguardo le abitudini di questo unico cefalopode rimane un mistero, così come parte della sua anatomia interna. Per rappresentarla in quest’articolo, per la prima volta nella sua interezza, si sono seguiti i dati anatomici reali, quali l’anatomia della radula e delle mascelle, ma per mancanza di altrettanti dati scientifici reali, parte dell’anatomia è stata anche ipotizzata, come la posizione degli organi interni e le ghiandole delle braccia espanse.

Anatomia di una femmina adulta di Argonauta argo (disegno di Piergiacomo Rameri).


 
In attesa di ulteriori studi che svelino i segreti dell’argonauta possiamo solo accettare per verosimile quello che ad oggi ci è pervenuto. Forse i nostri antenati ci hanno visto giusto ed allora perché non smettere di immaginarci il nostro maistrale veleggiare nel Mediterraneo tra le barche dei pescatori…

Al tuo passaggio nessuno si turba, ed uomini o animali si stan queti attendendo a’ lor travagli o ai lor piaceri. […] Voga, Voga. Non il cielo, non la terra e non il mare congiurano contro di te, navicella gentile. Luigi Cicconi

 

Bibliografia

  • Luigi Cicconi, L’argonauta, «Museo scientifico, letterario ed artistico; ovvero, Scelta raccolta di utili e svariate nozioni in fatto di scienze, lettere ed arti belle», I (1839), pp. 329-331.
  • Samuel Peckworth Woodward, A manual of the Mollusca: a treatise on recent and fossil shells, 2ª ed., London, Virtue & Co., 1868.
  • Adolf Naef, Die Cephalopoden, vol. 35 di Fauna und Flora des Golfes von Neapel […] herausgegeben von der Zoologischen Station zu Neapel, Berlin, R. Friedländer & Sohn, 1821 («Monographie», 35).
  • Ottavio Soppelsa, Dizionario Zoologico Napoletano, Napoli, D’Auria, 2016.

Sitografia

  • Food Habits of Albacore, Bluefin Tuna, and Bonito In California Waters – content.cdlib.org/view?docId=kt8290062w&chunk.id=d0e1781&brand=c…here&doc.view=entire_text

 

Immagini

  • in testata: visione laterale e frontale dell’ooteca di Argonauta argo (disegno di Piergiacomo Rameri)
  • in evidenza: dimorfismo sessuale nella specie Argonauta argo, a sinistra la femmina a destra il maschio (disegno di Piergiacomo Rameri).